Nelle filiere distributive può capitare che i prodotti, dopo essere stati venduti seguendo il flusso della catena diretta, ritornino al punto di acquisto come “resi” o “ritorni”. Si parla di catena di fornitura inversa. I resi vengono solitamente forzati lungo lo stesso canale distributivo della catena di fornitura diretta per giungere nuovamente al produttore.

La crescita del volume dei resi negli ultimi anni deriva soprattutto da due fattori:

  1. da una parte, le politiche liberali delle imprese e soprattutto dei retailer
  2. dall’altra, la riduzione dei cicli di vita dei prodotti.

Il loro numero crescente ha aumentato i costi di gestione in capo alle aziende produttrici, costringendo queste ultime a cercare sistemi di gestione più efficienti e meno costosi.

Le “fonti” dei resi possono essere divise in due gruppi:

  1. i consumatori finali, all’origine dei resi per prodotti difettosi, prodotti restituiti in garanzia e articoli ritirati dal commercio (campagne di richiamo).
  2. gli altri attori operanti lungo la catena di fornitura determinano i flussi relativi ai prodotti al termine del loro ciclo di vita, ai resi per overstock e alle merci che siano state danneggiate durante il trasporto.

A seconda del momento in cui il reso si genera all’interno della catena di fornitura, i resi possono essere classificati come:

  • da produzione
  • da distribuzione
  • da utilizzo.

I resi nell’eCommerce

I resi da e-commerce sono una parte normale, anzi attesa, del processo di acquisto online. Lo sa bene chi opera nel commercio B2C.

Ordinare online ha i suoi pro e contro. Se da un lato fa risparmiare tempo ai clienti, dall’altro questi ultimi non possono sempre avere certezza che il prodotto si adatterà, funzionerà o sarà quello che vogliono fino a quando non arriva loro in mano. Ecco perché i rivenditori online si imbattono così spesso nei resi dei prodotti.

Ci sono diverse statistiche provenienti da fonti differenti, tuttavia concordano nel registrare un tasso di reso prossimo al 20%.

La statunitense National Retail Federation ha misurato nel 2021 una percentuale pari al 20,8% (in crescita rispetto all’anno precedente, quando si era fermata al 18,1%, comunque superiore alle aspettative degli operatori, che avevano stimato un 16,6%). Per avere un paragone con i negozi fisici, negli Stati Uniti (dove il fenomeno è più diffuso) oscilla tra l’8 ed il 10%, a seconda delle categorie merceologiche.

Alcuni numeri:

  • nelle vendite ai consumatori finali, l’80,2% dei casi è dovuto al fatto che il prodotto sia giunto loro rotto o danneggiato
  • l’abbigliamento registra un tasso di reso pari al 26%. Seguono le calzature, con percentuali di poco inferiori al 20%
  • Il 30% degli acquirenti online acquista intenzionalmente in eccesso rispetto al necessario e poi restituisce gli articoli che non desidera
  • Il 7% dei resi da vendita online viene giustificato da una consegna fuori tempo massimo
  • Il 34% degli acquirenti di abbigliamento su Amazon ha restituito un articolo perché la taglia, il colore o la vestibilità erano sbagliati.

Come ridurre i resi nel commercio elettronico

I dati ci dicono che Amazon registra tassi di ritorno dei prodotti inferiori alla media del mercato. Risulta quindi utile analizzare alcune best practice.

  • Secondo le statistiche di reso dell’e-commerce, Amazon elenca 72 diversi motivi per il reso e non si può restituire un articolo ad Amazon senza indicare il motivo per cui lo si sta facendo. Questa è un’ottima forma di feedback e ogni rivenditore online dovrebbe implementare pratiche simili
  • Shopify ha riportato una diminuzione del 40% dei resi dei prodotti in seguito all’introduzione della visualizzazione 3D
  • Returnado, che gestisce i resi per conto di vari marchi di abbigliamento, chiede ai clienti di caricare una foto del prodotto che desiderano restituire in modo che i marchi possano esaminarne le condizioni. In questo modo, sono in grado di decidere se l’articolo debba essere riparato, restituito, parzialmente rimborsato o smaltito localmente. Grazie a questo approccio, il 30% dei resi viene trasformato in cambio merce, preservando il fatturato e riducendo i costi
  • Per i capi di abbigliamento, risulta molto importante inserire nell’e-shop una chiara tabella delle taglie e delle misure
  • Prevedere dei meccanismi di blocco agli utenti “restituitori seriali” (serial returners).

Qual è il vero costo dei resi?

Innanzitutto è bene specificare che occorre considerare il costo complessivo del reso e della sua gestione. Per calcolare il TCO (Total Cost of Ownership) nella gestione di un reso occorre considerare sia le voci di costo relative ai materiali sia i costi di processo. Avremo quindi:

  • etichettatura
  • autorizzazione
  • imballo
  • ritiro
  • trasporto e consegna
  • accettazione
  • ispezione
  • ricondizionamento
  • resi non commercializzabili.

Nella tua azienda esiste un sistema per quantificare questi costi? Come sono variati nel corso del tempo? Se non hai mai messo in fila tutti i numeri, i risultati potrebbero sorprenderti.

Per richiedere un check-up sui costi di trasporto e di imballaggio, invia una mail a info@smartvco.com, indicando il codice “T01”.

Il check-up è gratuito per le richieste ricevute entro il 30 settembre 2022.

UNSPSC: 78140000