Approfondimento in collaborazione con Sinedi

Il contenimento dei costi è un’attività che non può prescindere da un attento inquadramento dei vantaggi competitivi, sociali e strategici dell’impresa proprio per non comprometterli durante le fasi di cost-cutting o cost fine tuning.

L’attenzione al breve e gli obiettivi assegnati di contenimento dei costi spesso sono rinforzati da forti bonus assegnati ai manager. Questa pratica ha portato frequentemente a politiche di impoverimento: il cosiddetto “lemon crush”, ossia l’indiscriminata spremitura dell’azienda, tagliando costi e spese che nel breve periodo non sembrano avere conseguenze, ma che nel lungo termine hanno pesanti ripercussioni. Si pensi, ad esempio, ai costi per Ricerca e Sviluppo o ancora al welfare o alla formazione. Ma si possono fare tanti altri esempi, come i premi, gli incentivi e gli investimenti per il personale, gli investimenti nei patrimoni dell’azienda (macchinari, attrezzature, …) o la manutenzione.

Per risparmiare senza compromettere l’azienda servono sia una analisi strategica sia un controllo di gestione correttamente impostato: l’analisi strategica per non danneggiare le fonti di forza, il controllo di gestione per valutare attentamente i fenomeni in azienda.

Un esempio: in passato abbiamo assistito a delocalizzazioni di lavorazioni che oggi vengono riportate in Italia.

Perché è successo e perché torniamo indietro? Perché per decidere se delocalizzare, tipica decisione make or buy, si usava un costo di prodotto limitato a distinta base e cicli di lavoro, senza nessun’altra considerazione, mentre oggi l’evento improbabile, la pandemia, ha scardinato la globalizzazione e portato a considerare la necessità di resilienza, adattabilità, gestione dei rischi.

Spieghiamo meglio: produrre presso un fornitore a 60 giorni di navigazione rispetto a produrre in casa comporta:

  • costi aggiuntivi
  • rischi aggiuntivi.

Quando in passato si delocalizzò in maniera leggera non si considerarono questi aspetti: ecco perché serve un controllo di gestione correttamente impostato.

Tra i costi aggiuntivi a volte non considerati, non si intende solo il trasporto, ma tutta la struttura tecnico-produttiva, il personale indiretto per coordinare una produzione distante, che comporta l’interfaccia con schemi culturali ed industriali diversi, con know-how differente (spesso minore), con un diverso atteggiamento verso la qualità di prodotto.

Anche l’appesantimento del circolante legato a tempi di approvvigionamento, produzione e trasporto genera un costo, e serve a poco concordare che la proprietà dei semilavorati o dei prodotti finiti resti dei fornitori fino alla spedizione. I fornitori, spesso con strutture finanziarie esigue, caricheranno prima o poi sul costo di prodotto questi oneri aggiuntivi, cambiando la convenienza nel tempo.

Il vero problema consiste, invece, nei rischi aggiuntivi di cui si vanno a fare alcuni esempi.

Trasferire know-how significa dare i propri vantaggi competitivi ad altri, che possono diventare competitor.

Allungare i tempi di transito da materia prima a prodotto finito, significa aumentare il rischio di obsolescenza, o di eccesso di magazzino.

Avere dei trasporti di lunga durata è un rischio pesantissimo cui tutti abbiamo assistito: una nave incagliata nel canale di Suez ha compromesso la stagione che era in consegna trasportata dalle navi ritardate.

La scarsità di noli e l’incremento dei costi degli stessi ha reso meno conveniente produrre nel far East.

Una guerra alle porte di casa ha sconvolto i mercati delle granaglie e degli oli alimentari, oltre a quello energetico.

I calcoli di convenienza diventano fondamentali per evitare fatali errori strategici: il costo di prodotto diventa uno strumento importante.

Tutti crediamo di sapere calcolare il costo di prodotto, ma abbiamo appena visto che spesso ci sono varie configurazioni e che spesso ci dimentichiamo alcuni elementi. Inoltre nel costo di prodotto non contiamo i rischi.

Qual è la configurazione giusta, la formula del costo di prodotto? Dipende dalla decisione che si devi prendere. Se si deve decidere come valutare il margine di prodotto è meglio usare il costo futuro. Per valutare il magazzino è meglio adottare quanto statuito dai principi contabili. E se invece pensiamo agli assetti della piattaforma logistico-produttiva? Meglio usare il costo strategico di prodotto.

 

Il Costo Strategico di Prodotto è uno strumento, una practice, un metodo che ci aiuta a tener conto di un futuro incerto con la tecnica degli scenari, che, coinvolgendo l’analisi strategica, individua e tiene conto di rischi e opportunità. Quando serve? Quando devo pensare a come configurare la mia piattaforma logistica produttiva, il mio assetto e a determinare i margini futuri.

 

Il miglior risultato che si ottiene con l’adozione del costo strategico di prodotto come strumento di governo e pianificazione è che ci si prepara  varie opzioni di risposta a rischi e a cambiamenti anche forti nel proprio quadro di riferimento, identificando la soluzione più robusta e preparando altre soluzioni che possano diventare eventuali rimedi per tempo.  Oggi gli eventi catastrofali non sono più né remoti né poco probabili. Ci si deve preparare.

 

Come saperne di più?

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