Approfondimento in collaborazione con Vitale-Zane & Co.

È nostra convinzione che, a differenza di quanto si sente dire da più parti, tra cui dalla Banca d’Italia, l’inflazione sia qui per rimanere e quindi dobbiamo attrezzarci ad affrontarla e a conviverci per non breve tempo.

L’inflazione durerà perché le cause che l’hanno provocata sono ancora in azione: una su tutte l’enorme offerta di moneta che dal 2008 ha inondato i mercati (ed è questo che ci fa anche dire che l’inflazione era ampiamente prevedibile).

Gli effetti dell’eccesso di liquidità sono poi stati ampliati ed accelerati dalla pandemia e dalle sue conseguenze: immissione di ulteriore liquidità a sostegno di famiglie ed imprese, shortage delle materie prime, congestione delle catene globali di fornitura e la necessità di una loro ricomposizione.

Lo scoppio della guerra ed i suoi effetti sui prezzi dell’energia e di tante materie prime, soprattutto alimentari, che arrivano dall’Ucraina, accompagnati dagli effetti delle sanzioni sono stati un ulteriore fattore di spinta del fenomeno inflattivo, così come le controversie commerciali e geopolitiche, una su tutte lo scontro in corso USA-Cina.

Non ultime le dinamiche demografiche, con l’invecchiamento della popolazione dei Paesi sviluppati, di cui si parla ancora troppo poco, ma che portano a limitazioni della produzione e dell’offerta.

Nel 2022, su base annua, i prezzi alla produzione sono aumentati in tutti i paesi: in Germania del 25,9% ed in Italia del 35%. Il prezzo alla produzione dei cereali è cresciuto del 35%, le patate del 88%, il latte del 30%.

Le dinamiche dei prezzi alla produzione, e ne abbiamo citati solo alcuni come esempio, si riflettono sui prezzi al consumo con effetto ritardato, ma prima o poi devono scaricarsi completamente sul mercato, diversamente vanno in crisi le imprese produttive.

È altresì inevitabile anche che le dinamiche dei prezzi al consumo determinino, giustamente, aumenti salariali, diversamente vanno in crisi i consumi e le famiglie.

Tutti questi elementi, che abbiamo qui rappresentato evidentemente in modo sommario e schematico, confermano che l’inflazione è qui per restare e quindi dobbiamo chiederci cosa dobbiamo fare come uomini responsabili di impresa per affrontare al meglio questo scenario che oggi è nuovo per gran parte dei manager e degli imprenditori.

Infatti, l’inflazione è un fenomeno con cui le nostre imprese non sono più abituate a convivere. E considerando che, come abbiamo cercato di spiegare prima, non sarà un fatto temporaneo, questo è un problema. Negli anni ‘70 del secolo scorso c’erano imprenditori e manager che avevano imparato a gestire l’inflazione, alcuni molto bene, ma oggi non ci sono più, alcuni saranno in pensione, altri hanno scordato. Le università non formano più sul tema inflazione da molto tempo ormai.

Quindi l’inflazione, oltre ad essere un problema economico e sociale, che non colpisce tutti in modo uguale (i redditi bassi e medi sono più penalizzati e quindi l’inflazione aumenta le diseguaglianze) è un problema manageriale ed organizzativo non indifferente che non possiamo permetterci di sottovalutare, archiviandolo tra le questioni passeggere.

Dobbiamo quindi imparare, di nuovo, a convivere con l’inflazione; dobbiamo soprattutto imparare a gestirla.

Vogliamo quindi di seguito dare alcuni spunti di riflessione che pensiamo possano essere utili per avviare nelle imprese i necessari percorsi di apprendimento e di adattamento del modo di lavorare:

1.     Non c’è una inflazione ma più inflazioni

Ogni settore, ogni prodotto ha la sua propria inflazione, dotata di una propria dinamica. Quindi ogni linea del conto economico, sia di ricavo che di costo ha la sua inflazione e dobbiamo esaminarla, studiarla, capirla e, almeno quando facciamo budget e piani, stimarla.

2.     Non possiamo farci guidare solo dal tasso di inflazione generale

L’indice generale dell’inflazione è la media ponderata riferita ad un paniere di beni, ed è in genere inferiore agli aumenti dei singoli fattori produttivi o prodotti finali di consumo. Nelle decisioni aziendali quindi non possiamo fare riferimento solamente all’indice generale dei prezzi, dobbiamo andare dentro la nostra specifica inflazione, sia lato costi che prezzi di vendita. Dobbiamo calcolare la nostra propria inflazione, l’inflazione del nostro paniere.

È del tutto evidente che per poter ben affrontare questa parte del problema serve un sistema di costing e di controllo adeguato. Quanto è la reale conoscenza della formazione del costo di produzione? Abbiamo un sistema di costing adeguato? Il nostro sistema di controllo di gestione funziona? Ci dà le corrette informazioni nei tempi e nei modi corretti?

3.     Velocità di reazione

L’obiettivo è quello di difendere il profitto reale e non quello nominale perché è evidente che l’inflazione nei costi dei fattori produttivi, se non gestita adeguatamente sul fronte dei prezzi di vendita, erode il profitto.

Quindi si deve avere una grande reattività ad adattare i prezzi di vendita, meglio fare variazioni preventive dei listini senza aspettare che si subiscano gli aumenti sul lato dei costi.

In questo ambito si dovrà lavorare per modificare le modalità di trattativa con i clienti.

In alcuni settori sarà più complicato (ad esempio nei settori del largo consumo che trattano con la GDO) ma non sarà più possibile lavorare con listini annui, questo è un dato di fatto.

4.     Focus sul valore per il cliente

Si deve lavorare con grande attenzione per comprendere la percezione di valore che il cliente/consumatore ha verso il nostro prodotto o servizio, per comprendere le conseguenze delle variazioni sul prezzo. Bisognerà capire l’elasticità della domanda al prezzo ed in questo ambito riesaminare criticamente il complessivo sistema di offerta per capire se è ancora adatto ai nuovi livelli di prezzo/valore percepito e se sarà necessario modificarlo con riferimento a: qualità, utilità, servizi annessi e loro livello, flessibilità, standardizzazione, customizzazione; in sostanza tutto ciò che definisce il sistema di offerta e quindi il valore percepito dal cliente/consumatore.

Queste considerazioni portano inevitabilmente a ripensare le politiche e le strategie di investimento, sul prodotto (per intervenire sul valore percepito) e sui processi produttivi (aumentare l’efficienza produttiva è infatti una delle risposte per contenere la propria inflazione), ma anche sulla comunicazione, per lavorare sul valore percepito e sul brand per sostenere prezzi e volumi.

5.     Il posizionamento competitivo è ancora più importante

Lavoro che deve essere fatto sia con riferimento ai competitors che ai clienti/consumatori, infatti, le imprese con maggior potere sul mercato (che può essere determinato da numerosissimi fattori) sono avvantaggiate perché possono trasferire meglio e più velocemente gli aumenti dei costi sui prezzi di vendita. I prodotti con maggiore distintività hanno un più elevato valore percepito e quindi minore elasticità al prezzo.

Si tratta evidentemente di aspetti e decisioni che, nel breve termine, posizionano le analisi e la determinazione delle strategie e nel medio lungo termine gli effetti delle azioni intraprese e degli investimenti necessari.

6.     L’inflazione è anche un problema organizzativo

Da quanto detto sopra è evidente che l’inflazione è un problema che coinvolge tutte le funzioni aziendali e tutti i livelli organizzativi, nessuno escluso.

La gestione dell’inflazione deve essere una gestione integrata e coordinata, con un approccio sistemico. Devono essere infatti molto chiare, per poterle governare, le interrelazioni che ci sono tra le funzioni aziendali e gli effetti a cascata delle singole decisioni nelle singole funzioni.

Produzione, R&S, marketing, vendite, logistica, qualità, controlling, direzione generale mai come in periodi di inflazione devono lavorare all’unisono, coordinati e consapevoli delle relazioni di interdipendenza e degli effetti sulla redditività e competitività di comportamenti non coordinati.

In questo senso il ruolo della direzione, la consapevolezza collettiva, la condivisione e la comunicazione interna di strategie ed obiettivi sono perciò fattori strategici competitivi determinanti.

In sostanza dobbiamo adattare i nostri comportamenti ed i nostri modi di prendere le decisioni, sia operative che strategiche, al nuovo contesto inflattivo, avendo consapevolezza dello scenario nuovo, coniugando un approccio gestionale di breve termine a quello di medio lungo termine. Tutto ciò, tra l’altro, ci aiuterà ad arrivare pronti ai prossimi eventi imprevedibili che, inevitabilmente, ci chiederanno ulteriori adattamenti.

Come saperne di più?

https://www.vnz.it/it/home-vnz/

Vitale Zane & Co:

consulenza economico-strategica, finanziaria e dello sviluppo delle imprese, con particolare riferimento all’evoluzione culturale ed organizzativa

UNSPSC: 84111509